Il melanoma è una forma aggressiva di tumore cutaneo che deriva dalle cellule pigmentate, chiamate melanociti. Negli ultimi anni, il tasso di incidenza del melanoma è aumentato significativamente, rendendo questa patologia un problema di salute pubblica di rilevanza mondiale. Fortunatamente, gli studi scientifici hanno compreso sempre più a fondo le caratteristiche molecolari e genetiche del melanoma, aprendo la strada a nuove e promettenti terapie mediche. Questo articolo esplorerà i progressi recenti nella terapia medica del melanoma, concentrandosi su trattamenti innovativi come l’immunoterapia, la terapia mirata e la combinazione di diverse strategie terapeutiche. Scopriremo come queste nuove opzioni terapeutiche stiano cambiando il panorama clinico della malattia, offrendo nuove speranze e migliorando le prospettive di sopravvivenza per i pazienti affetti da questa grave condizione oncologica.
Chemioterapia: si utilizzano farmaci citotossici per distruggere le cellule maligne e viene somministrata da un oncologo. Viene utilizzata nel caso di recidive locali e come trattamento nel melanoma avanzato. La terapia puo’ essere fatta per via orale, per via endovenosa e in caso di interessamento di un arto con perfusione regionale.
I farmaci piu’ utilizzati sono la dacarbazina (DTIC, unico farmaco approvato per il trattamento del melanoma metastatico) talvolta in associazione con lavinblastina o la cisplatina (o la carboplatina) oppure la temozolamide (per via orale) oppure la fotemustina in grado di determinare risposte in varie sedi anatomiche e molto efficace sulle metastasi cerebrali poichè in grado, come la temozolamide, di oltrepassare la barriera ematoencefalica. Tali farmaci possono essere anche usati in associazione con il Tamoxifene. In alcuni trials è stata utilizzata la temozolamide in capsule. Altri farmaci sono i taxani (docetaxel, paclitaxel). Gli effetti collaterali dipendono ovviamente dai farmaci usati, ma i piu’ comuni sono: riduzione del numero delle cellule ematiche, stanchezza, diarrea, perdita o assottigliamento dei capelli, ulcere orali, perdita della fertilità.
Perfusione regionale
La Perfusione regionale: è un metodo che consente ai farmaci di rimanere confinati ad un artosenza circolare nel resto del corpo. Viene eseguita in caso di melanomi degli arti e viene eseguita in anestesia generale. La circolazione dell’arto viene disconnessa momentaneamente dalla circolazione generale e viene collegata ad una pompa e ad una macchina che immette ossigeno nel sangue. Il sangue può essere scaldato per ottenere migliori risultati. Viene quindi immesso il farmaco. Al termine viene ricollegato il circolo alla circolazione generale. Gli effetti collaterali si limitano ad un lieve dolore, gonfiore e arrossamento alla spalla o all’inguine, alopecia dell’arto, raramente bolle plantario palmari
Immunoterapia: è basata sul principio che il sistema immunitario dell’ospite è in grado di generare una risposta immunitaria contro le cellule tumorali. Viene utilizzata nel melanoma ad alto rischio metastatico o recidivante. I trattamenti attualmente disponibili sono limitati dalla scarsa risposta. L’interferone alfa 2-b è approvato dall’ FDA per la terapia del melanoma in stadio III con miglioramento dei tassi di sopravvivenza. Si utilizza per un mese ad alte dosi per via endovenosa e quindi per via sottocutanea negli undici mesi successivi. Attualmentel’immunoterapia risulta come il trattamento piu’ efficace nel caso di melanoma metastatico. L’uso di interleuchina 2 (approvato del FDA per il trattamento del melanoma stadio IV) può attivare naturalmente cellule immuni anti-melanoma; si utilizza con ospedalizzazione e si eseguono 2 cicli ad alte dosi per via endovenosa. Da uno studio risulta che su 305 melanomi metastatici trattati il 4 % ha avuto completa regressione e il 13% ha avuto una risposta positiva. La comparsa di una sindrome “capillary leak” ne ha limitato l’uso, ma in tutti i modi il tassso di mortalità indotto dall’uso del farmaco è l’1%. Altro farmaco utilizzato sono gli anticorpi anti CTLA-4 che hanno dato il 17 % di risposte positive in pazienti con melanoma metastatico. Alcuni pazienti sviluppavano enterocolite grave e il 10% lamentavano disturbi ipofisari. Altri trattamenti utilizzati sono il BCG, il Corynebacterium parvum e il levamisole, gli anticorpi Anti-PD-1, Anti-CD137 e Anti-CD40 Biochemioterapia: consiste nella combinazione di chemioterapia e interleuchina 2, interferone o entrambi.
Ipilimumab: è un anticorpo monoclonale studiato dalla Bristol-Meyers Squibb e da Medarex che ha il suo target in una molecola presente sui linfociti T detta CTLA-4 che blocca la risposta immunitaria dell’organismo nei confronti del melanoma. L’Ipilimumab è stato utilizzato in studi clinici in casi di melanoma metastatico anche in associazione con dacarbazina dimostrando un allungamento della vita di questi pazienti. E’ stato approvato dall’FDA per la cura del melanoma in fase avanzata, solo il 20 o il 30 % dei pazienti ha una risposta positiva (Improved Survival with Ipilimumab in Patients with Metastatic Melanoma)
Il Vemurafenib (Zelboraf ™): E’ il secondo farmaco, dopo l’ipilimumab ad essere approvato per la cura del melanoma metastatico, esso blocca il BRAF mutato e ha un tasso molto più alto di risposte obiettivabili, che generalmente si verificano rapidamente. Un tentativo di utilizzare entrambi i farmaci è attualmente in corso infatti sembrerebbero in grado di riattivare una risposta immunitaria nei confronti del melanoma
OncoVEX: un nuovo trial in fase 3 è stato intrapreso dal Northern California Melanoma Center con OncoVEX che è un virus che iniettato all’interno della massa tumorale entra nelle cellule maligne e le uccide senza colpire le cellule sane, inoltre è in grado di far produrre il granulocyte macrophage colony stimulating factor che stimola la risposta immunitaria verso il tumore con risposte cliniche anche a distanza dalla massa iniettata. Gli studi in fase 1 e due hanno dato risultati incoraggianti con minori effetti collaterali rispetto all’ Interleuchina 2. La vacccinazione viene eseguita ogni 2 settimane per un totale di 24 iniezioni o finchè lil tumore non regrediva. Risultati della fase 2: su 50 pazienti in stadio IIIc (10 pazienti) e IV (40 pazienti) trattati in monoterapia 10 pazienti avevano una risposta completa, 4 pazienti una risposta parziale, 10 pazienti avevano una malattia stazionaria per più di 3 mesi. Il 92 % dei pazienti responder mantenevano i risultati per 7-48 mesi. la sopravvivenza a 1 anno era del 58% e a 2 anni 52 % (risultati riportati a dicembre 2009 nel Journal of Clinical Oncology).
Vaccini: attualmente non esistono vaccini realmente efficaci e i linfociti antitumorali prodotti dall’attiva immunizzazione riconoscono con difficoltà le cellule tumorali (alcuni vaccini sono GM-CSF o GVAX).
Sono stati utilizzati in associazione con anti CTL4 con risultati migliori. Trasferimento cellulare adottivo: vengono identificati i linfociti autologhi con attività antitumorale, vengono stimolati in laboratorio e quindi aumentati di numero e infine reinfusi nei pazienti. I risultati sono incoraggianti, ma ancora limitati i casi in cui è stata utilizzata tale terapia. Terapia genica: due pazienti trattati con cellule geneticamente modificate hanno ottenuto una significativa regressione in casi di melanoma metastatico. Trials attualmente il corso riferiscono di risposte intorno al 30 %.
Radioterapia: viene solitamente utilizzata nelle fasi avanzate della malattia al fine di alleviare il dolore o altri sintomi. Talvolta viene utilizzata per ridurre la massa tumorale o nel caso di metastasi ossee o cerebrali. Esistono vari schemi terapeutici che sono stabiliti da un radiologo od oncologo esperto in tale trattamento. Un altro trattamento radioterapico è la radiochirurgia stereotassica in cui alte dosi radianti vengono inviate ad un area specifica (Gamma Knife e CyberKnife). Nel caso di metastasi cerebrali il trattamento è equiparabile al trattamento radioterapico standard. Nel caso di metastasi ossee dolorose o con rischio di frattura una singola dose di 8Gy viene utilizzata
Altre terapie: l’uso dell’ imiquimod al 5 % è stato proposto nella terapia del melanoma metastatico e del melanoma in situ (lentigo maligna), talvolta tale trattamento viene proposto dopo asportazione chirurgica per ridurre la possibilitá di recidive locali o di satellitosi.